“La chiusura del P9T Basell interessa Brindisi e l’intera regione”
Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma Salute Pubblica, Medicina Democratica, NOTAP/SNAM Brindisi, Cobas Brindisi
La Lyondell Basell (LB) chiude uno dei due impianti attivi (denominato P9T) nello stabilimento di Brindisi. Piena solidarietà con i lavoratori diretti ed indiretti colpiti da questa improvvida decisione aziendale.
Apprendiamo “che le conseguenze per i 135 dipendenti rischiano di essere molto pesanti. Sono infatti 47 i lavoratori in esubero, mentre per gli altri si attende la proposta di trasferimento nel polo produttivo di Ferrara. Nessuna prospettiva invece per i lavoratori in somministrazione. L’azienda ha poi promesso di farsi carico delle spese necessarie fino al raggiungimento dell’età pensionabile per i dipendenti prossimi a tale soglia”.
Nel 2021 da LB pervenivano altre dichiarazioni. “Siamo concentrati sul futuro e crediamo che i nostri obiettivi verso una plastica sempre più circolare e sostenibile e verso la decarbonizzazione siano fondamentali per il successo a lungo termine di LyondellBasell. Tali obiettivi contribuiscono a creare un futuro migliore per i nostri dipendenti e le nostre comunità, oltre a promuovere le ambizioni di sostenibilità dei nostri clienti”, ha affermato Kenneth Lane, CEO ad interim di LyondellBasell. “Un’economia a zero emissioni nette senza rifiuti plastici nell’ambiente richiederà la collaborazione di tutta la catena del valore ed è fondamentale per garantire la transizione della società verso un futuro più sostenibile.”
È necessario fare un po’ di storia industriale. L’impianto P9T utilizza la tecnologia Spherizone di polimerizzazione in fase gassosa, per produrre vari tipi di polimeri. Gli impianti P9T vengono rinnovati e potenziati nel 2002.Per gli impianti di produzione del polipropilene a partire dal 1994 viene avviata una seconda linea di produzione (PP2), potenziata nel 1998. La capacità produttiva di polipropilene di LB è di 47mila tonnellate l’anno. Nel 2012 in uno studio della Fondazione Visentini si leggeva che Basell pagava a Brindisi 16,8 milioni € anno di retribuzioni e prestazioni e acquistava beni e servizi per 18milioni (Linee guida per lo sviluppo territoriale della provincia di Brindisi) con allora 160 lavoratori diretti.
Ci chiediamo innanzitutto che investimenti e che ammodernamenti siano stati effettuati dopo il 2002. Inoltre LB possiede 94 stabilimenti in 32 paesi di cui 4 in Italia. I polimeri che escono dallo stabilimento di Brindisi servono per produzione di imballaggi rigidi e flessibili; filati e tessuti non-tessuti; componenti automobilistici; componenti di elettrodomestici; componenti dell’arredamento; componenti dei prodotti medicali; componenti dei beni di consumo durevoli e non e di una vasta gamma di prodotti industriali. Un impiego molto variegato e che richiede ancora la produzione di polimeri. Non comprendiamo cosa si intenda dire con espressioni come: i macchinari dell’impianto sono obsoleti e non garantiscono competitività. “Il mercato di riferimento per i prodotti realizzati dall’impianto di Brindisi è sempre più difficile, con una prospettiva di miglioramento molto scarsa” ha affermato Jim Guilfoyle, senior vice president di Lyondell Basell. Si tratta di affermazioni che la responsabilità sociale di una azienda seria chiede siano dimostrate pubblicamente.
La decisione di dimezzare l’impianto di Brindisi non deve essere recente se consideriamo la varietà di produzioni che il gruppo ha sviluppato altrove negli stessi anni come la produzione di idrogeno avviata negli USA e la produzione di combustibile dalla plastica installata nel suo centro di ricerca a Ferrara. Si tratta per quest’ultima, di “MoReTec la tecnologia innovativa di riciclo molecolare di LyondellBasell che trasforma i rifiuti di plastica – come imballaggi flessibili e altre plastiche miste che non sono adatte al riciclo meccanico – in nuova materia prima. In questo modo, si sostituisce l’uso della materia prima vergine a base fossile, riducendo la quantità di rifiuti di plastica presenti nell’ambiente”. Inoltre negli anni più recenti la comunicazione di Basell ha vantato progressi tecnologici dell’impianto brindisino, l’impegno a ridurre le emissioni.
Certo LB è stata anche criticata, come Versalis, in un recente dossier di Greenpeace per non rendere noti i dati sulle plastiche disperse nell’ambiente. Il 4 luglio 2022 in occasione dell’avvio dell’iter di riesame dell’AIA, si apprendeva dalla stampa locale che Greenpeace chiedeva al Ministero di prescrivere nella autorizzazione futura l’azzeramento dei parametri dell’inquinamento da microplastiche rinvenute sulle spiagge della Puglia e di Brindisi : « di tutti i granuli raccolti il 78% era in polietilene (un tipo di plastica prodotto in loco dall’azienda Versalis di proprietà ENI) e il 17% in polipropilene (prodotto nell’area brindisina da Basell Poliolefine Italia) »
Questa vicenda ci conferma nella contrarietà ad una iniziativa industriale guidata solo dal profitto e slegata da considerazioni sociali. È la logica neoliberista a cui i lavoratori e le popolazioni devono opporsi. LB possiede le conoscenze e le tecnologie per portare a Brindisi miglioramenti alle produzioni esistenti e ulteriori processi produttivi presenti nella sua holding dove lavorano 13.000 persone. La progressiva riduzione del personale negli anni e la mancata innovazione dicono invece che la decisione odierna viene da lontano e porterà nei prossimi anni a conseguenze ancora più gravi, con effetto domino sulla intera industria chimica locale. LB va richiamata, quindi, almeno a rispondere della responsabilità sociale, che ricade su tutte le imprese secondo la nostra Costituzione, da parte tutti i rappresentanti politici e sociali della città, della provincia e della regione per le dimensioni delle ricadute economiche e sociali della sua attività. Tutta la regione Puglia ha interesse in questa vertenza e non sono state certo le amministrazioni locali a impedire il doveroso ammodernamento tecnologico la cui mancanza la massima dirigenza LB implicitamente ora invoca per giustificare se stessa e l’immotivata chiusura.
Se poi si vuole adottare l’economia circolare di cui LB si fregia a piè sospinto nella sua comunicazione esterna, non sarebbe sopportabile che non si facesse carico di quello che lascerebbe andandosene in tutto o in parte. È come se un cittadino quando non gli funziona più l’auto la lasciasse per strada: nessuna dismissione di un impianto che ha prodotto profitti privati per decenni deve generare costi sociali e ambientali variegati e pluriennali a carico del pubblico e della collettività.