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Museo Ribezzo di Brindisi, dal 13 giugno la mostra dell’artista Tarshito promossa da Regione Puglia

Museo Ribezzo di Brindisi, dal 13 giugno la mostra dell’artista Tarshito promossa da Regione Puglia

Al via il 13 giugno 2022 al Museo Ribezzo di Brindisi Tarshito “Il Sentiero del Viandante Innamorato”, a cura di Enrica Simonetti. Nomadismi spirituali e intellettuali alla ricerca di nuove geografie dell’arte e della vita. Una mostra itinerante in Puglia promossa dai Poli biblio-museali di Puglia e dal Dipartimento Turismo, Economia della cultura e valorizzazione del territorio della Regione Puglia. Dopo le tappe di Trani e Taranto, approda a Brindisi la grande mostra dell’artista pugliese. La mostra sarà visitabile dal 14 giugno al 4 agosto 2022, lunedì dalle 17 alle 20 e dal martedì alla domenica dalle ore 9 alle 19.15.

«Il Sentiero del Viandante Innamorato è un pellegrinaggio che ho vissuto con devozione verso luoghi e umanità del mondo per incontrare nativi e tribali custodi di tradizioni artistiche e valori ancestrali. Vita semplice verso pensieri elevati», racconta il maestro Tarshito – artista barese dall’operatività internazionale, nomade per vocazione anche nei sentieri delle tecniche e delle sapienze artigianali orientali. Si intitola così il nuovo progetto espositivo promosso da Poli biblio-museali di Puglia e dal Dipartimento Turismo, Economia della cultura e valorizzazione del territorio della Regione Puglia, che con questa mostra itinerante mette per la prima volta in rete alcuni tra i luoghi espositivi più belli di Puglia, tappe imprescindibili di questo lungo viaggio di arte, bellezza e spiritualità, con un unico progetto in grado di sollecitare riflessioni a maglie larghe.

«Tarshito rappresenta l’essenza dell’artista ricercatore: di nuovi mondi, di nuove forme di spiritualità, di nuove tecniche e saperi ancestrali. Per la Regione Puglia la mostra Il Sentiero del Viandante Innamorato è quindi anzitutto un viaggio, in grado di connettere luoghi e progettualità culturali, nel segno di quella rete museale a cui stiamo lavorando con impegno ormai da anni», afferma infatti Aldo Patruno, direttore del Dipartimento.

«Quando un viaggiatore è stanco? Quando non ha più nulla da guardare, quando non ha voci da ascoltare e colori da immaginare. Il viandante invece non si stanca mai, se a guidarlo è l’innamoramento per il mondo, se ha sempre gli occhi curiosi e le braccia aperte verso l’altro. Questo viandante infaticabile è Tarshito, artista che dalla Puglia ha incontrato il mondo, tracciando un percorso di vita che è tutto da raccontare, perché è un lungo viaggio attraverso una geografia dell’anima in cui i confini non esistono, ma esiste un meraviglioso cielo universale che rispecchia la bellezza della Terra, la sua complessità, la sua identità», afferma la giornalista Enrica Simonetti, curatrice della mostra.

Dall’India al Bangladesh, dal Nepal alla Corea del Sud, dal Perù al Messico fino al Marocco, geografie care all’immaginario e ai viaggi reali dell’artista: sono questi i luoghi in cui Tarshito incontra artigiani, artisti, creando un dialogo perenne con essi. «Un gesto d’arte totale, che è anche un modo di rappresentare il mondo, l’umano, la natura. O un modo di cercare l’armonia».

«Vedrete mappe geografiche che intersecano le strade di Bari con quelle di Città del Messico, come se nulla possa interrompere il fluire dell’emozione interiore, perché dove ci sono case, uomini, città, ci sono anche i fremiti della vita, i sensi di ciascuno, quasi in una scossa possente capace di rendere il concetto di “patria” un tutt’uno, una voce unisona per il futuro della Terra», precisa la curatrice.

Nato a Corato (Bari) il 13 agosto 1952, Tarshito (Nicola Strippoli) si laurea nel 1979 alla facoltà di Architettura di Firenze con una tesi sul teatro di strada (relatore Gianni Pettena, esponente dell’architettura radicale). Parte subito dopo per un viaggio in India, che rappresenta per lui una rinascita. In India incontra il suo maestro, Osho Rajneesh che gli affida il nome “Tarshito”, ovvero sete di conoscenza interiore. Nei primi anni ’80 fonda a Bari la Galleria Speciale, insieme a Shama, la sua compagna di allora, anche lei designer e artista. L’esperienza dura fino al 1987 coinvolgendo progettisti e artisti di fama (Alessandro Mendini, Mario Merz, Nanda Vigo) o anche ignoti, purché interessati all’esperienza/progettazione di momenti e oggetti di ‘nuova ritualità’. Esemplare in questo ambito la bella serie dei tappeti e arazzi della meditazione.

Nel 1990 l’esperienza di Speciale viene documentata con una grande mostra al Groninger Museum della città di Groningen, in Olanda, conclusiva di un trilogia che il suo direttore Frans Hacks volle dedicare al design italiano degli anni ottanta (uniche esperienze documentate nella stessa trilogia: quella di Ettore Sottsass ovvero Memphis e di Alessandro Mendini ovvero Alchimia).

Gli anni ’90 vedono Tarshito protagonista di mostre collettive e personali e sempre più creativamente impegnato sull’archetipo del guerriero d’amore.

Insegna a Futurarium, scuola sperimentale fondata da Alessandro Guerriero e Accademia delle Belle Arti di Bari, introducendo la meditazione come metodo di indagine e progetto. Apre nel 1998 a Milano, Speciale Terra, luogo di vita e lavoro condiviso. Fondante la collaborazione con Geologika (Andrea Facchi e Barbara Narici) per le realizzazioni in terra cruda e con Clara Mantica per il capillare e approfondito lavoro di lettura e sistematizzazione del suo percorso spirituale e creativo dal quale nasce così il volume “Tarshito meditazione e design” edito da Electa nel 2001, realizzato con la collaborazione del team di Alessandro Mendini. Il libro e la mostra “Oceano Indiano” svoltasi a Speciale Terra sul tema dell’eccellenza del lavoro artigiano e del suo valore di patrimonio per l’umanità (curata da C. Mantica e Daniela Bezzi), creano spazio e opportunità per aprire a Tarshito l’universo indiano. Daniela Bezzi, residente in India e profonda conoscitrice della sua cultura, accompagna Tarshito in questo percorso a cominciare dalla mostra “The Gold and the Clay” (2001) di cui è curatrice insieme a Jyotindra Jain All Crafts Museum di Nuova Delhi. Il suo percorso artistico si espande e al tempo stesso si focalizza, nell’entusiasmante pratica di collaborazione con gli artigianati dell’India.
Dalla terracotta al metallo, dalle pitture tribali della tradizione Warli oppure Sohrai ai ricami del Gujarat o del Rajasthan, dalle delicate miniature di Bikaner agli sgargianti dipinti devozionali dell’Orissa: la sete di sperimentazione di nuove relazioni, di ‘condivisione creativa’ non conosce sosta, mentre si fa strada il desiderio di dipingere in proprio, di provarsi con il segno del pennello sulla tela con gesto proprio. Il risultato è l’infinita serie dei vasi, grandi, enormi oppure piccoli, su carta, tessuto o in sculture di grandi dimensioni, che sono il più eloquente manifesto della sua poetica: l’opera di Tarshito si esprime nell’atto dell’accogliere e riempirsi, e quindi traboccare.Un travaso concettuale ed emotivo che avviene nella relazione con la forma/materia dell’artigiano, o guidando sedute particolarissime di meditazione, o progettando opere che possono considerarsi monumenti a un tipo completamente nuovo e al tempo stesso antico e purissimo di arte sacra: quella in cui l’artista si propone come umile canale di trasmissione, di una creatività che essendo già in sé stessa ‘dono’, potrà solo gioiosamente condividersi, anche autorialmente, con altri. Restando però sempre e inconfondibilmente by Tarshito, per la leggerezza con cui tutto ciò si compie e celebra, ogni volta.

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